Rosario Triolo (Sky Sport MotoGP) si racconta a Palmen in Motorradsport

Rosario Triolo
Rosario Triolo. Credit: Palmen in Motorradsport

Dopo la prima esperienza vissuta nel 2014, quando ha commentato il Mondiale Moto2, quest’anno Rosario Triolo è tornato a raccontare le gesta dei piloti del Motomondiale.

Poco più che trentenne, il giornalista originario di Messina commenta le gare delle classi Moto3 e Moto2 e nelle prime gare della stagione si sono alternati al suo fianco i piloti Mattia Pasini e Alessandro Polita e il direttore della rivista Motociclismo Federico Aliverti. Oltre a occuparsi di Moto3 e Moto2, Triolo commenta anche le gare del FIM CEV Repsol e della Red Bull MotoGP Rookies Cup (campionati che ha seguito anche nel 2014) e in più, segue con la stessa grande passione di sempre l’altro sport fondamentale nella sua carriera da giornalista: il calcio.

Gli inizi, il “debutto” nel Motomondiale, le sue opinioni riguardo il mestiere del telecronista e il rapporto col compianto Luis Salom (pilota scomparso a Barcellona nel 2016). Questi e altri sono gli argomenti dell’intervista di Palmen in Motorradsport a Rosario Triolo, che potete leggere in forma integrale qui sotto.

 

L’intervista

 

Innanzitutto, puoi riassumere in modo sintetico la tua carriera da giornalista e telecronista?

“Ufficialmente” ho cominciato a 15 anni con un sito tematico sulla squadra di calcio della mia città, Messina, che ai tempi giocava in Serie B e che successivamente ho seguito anche in Serie A. In realtà, sin da piccolissimo con le macchinine facevo le mie personalissime telecronache di Formula 1, poi mi sono allargato al calcio, sempre con i giocattoli, e infine alla Playstation, sia per me stesso che per gli amici. La prima telecronaca Sky è stata di una partita di Copa Sudamericana, Independiente Santa Fe-Vélez, nel 2011. Sono entrato a Sky nel 2008 da stagista, grazie all’Università, e non ne sono più uscito!

 

Come è nata la tua passione per il motociclismo?

Da bambino stavo sempre in un’officina meccanica insieme a mio padre, che ha sempre amato le macchine, e così nacque la mia attrazione per la Formula 1. Quella per le moto si sviluppò dopo, anche perché in Sicilia non arrivava il segnale di Tele+, che allora aveva i diritti del Mondiale. Ai tempi non esisteva ancora il satellite in Italia e il segnale criptato era trasmesso per via analogica. Dopo l’incidente di Ayrton Senna, ebbi un rigetto verso quello che era il mio sport preferito nell’infanzia e cominciai a seguire il calcio, quando il Brasile dedicò il Mondiale vinto nel ’94 ad Ayrton, e il motociclismo sulla Rai.

 

Prima di “esordire” nel Motomondiale, ti occupavi principalmente di calcio. Com’è avvenuto questo passaggio alle moto?

La prima telecronaca era di calcio, come detto, e prima del Motomondiale avevo anche cominciato a commentare la Serie A e la Champions League. Parallelamente, sempre su Sky, avevo fatto telecronache di campionati motoristici come GP3, Porsche Supercup, Trofeo Abarth. Successivamente Mauro Ottino, che era responsabile del progetto MotoGp quando Sky prese i diritti, mi propose di commentare il Mondiale Moto2 e questa proposta mi cambiò la vita. Fu bellissimo, un sogno, e il mio unico rimpianto è quello di non aver potuto rendere grazie sufficientemente a Mauro, che purtroppo non c’è più.

 

Nel 2014 hai commentato non solo il Mondiale Moto2, ma anche il CIV, il CEV e la Red Bull Rookies Cup. Cosa ti hanno trasmesso tutti questi campionati?

I campionati di supporto, diciamo, mi hanno aiutato a conoscere un sacco di ragazzini che oggi sono piloti del Mondiale. Penso per esempio a Quartararo, che “ho preso” nel Cev e adesso fa il fenomeno in MotoGP, ma anche a Simone Mazzola, un talento straordinario che al Mondiale non ci è arrivato solo per un grave incidente. La Moto2 è stata bella perché l’ho seguita integralmente sul posto, venendo a contatto con persone amabilissime e soprattutto con tutti quegli oggetti che, in piccolo, vedevo da bambino in officina. Lì, quei pezzi dovevano funzionare su moto da corsa preparate per il Mondiale e per me vedere tutto questo è stato fantastico.

 

In quell’anno hai anche commentato una gara con Luis Salom, pilota scomparso due anni dopo. Che rapporto avevi con lui? Com’era come persona?

Sì, una gara della Red Bull MotoGP Rookies Cup (Gara 1 a Brno, ndr) di cui ho conservato la registrazione. Luis l’ho conosciuto a un test a Jerez e siccome mi piaceva mettermi nei guai, chiesi subito di poter fare un’intervista doppia a lui e a Maverick Viñales, che ai tempi era suo compagno di squadra nel team Pons e che, nel 2013, gli aveva soffiato il titolo in Moto3 all’ultima gara. Fatto sta che da lì con lui ebbi un rapporto speciale, paragonabile a quello che avevo con gli italiani, solo che lui era spagnolo.

Rosario Triolo Luis Salom
Rosario e Luis Salom nel 2014, prima di commentare insieme una gara della Red Bull MotoGP Rookies Cup.

Oltre a essere un ragazzo d’oro, Luis era una persona fortemente introspettiva ed era molto religioso e legatissimo alla mamma, María. Non si staccava mai da lei, ce l’aveva anche tatuata! E lei era una mamma “sbrogliaguai”, nel senso che curava tutte le scocciature di Luis, tra cui anche la mia richiesta di portarlo in cabina di commento. Nel mio viaggio in Russia per il Mondiale 2018, su un treno incontrai per caso un fotografo, Pablo Morano. Mi passò una foto, a un certo punto: era l’ultima di Luis, due curve prima dell’incidente. Oggi, quella foto è lo sfondo del mio cellulare, per tenerlo sempre nella memoria e nel cuore. 

 

Dal 2015 al 2018 sei rimasto “staccato” dal Motomondiale. Di cosa ti sei occupato in quei anni?

Sono tornato a occuparmi di calcio, tra telecronache e coordinamenti giornalistici. Le esperienze più belle sono state tre: le telecronache della Copa América Centenario, quella di Brasile-Argentina, un vero sogno realizzato, e il Mondiale in Russia dal vivo. Il tutto sempre con un focus sul Sudamerica, una passione che, come ho già detto, è nata con Ayrton Senna. Per quanto riguarda il Motomondiale, ho continuato a seguirlo con un’attenzione ancora più alta, visti i rapporti che avevo creato, e ho goduto a vedere trionfare alcuni ragazzini, che avevano anche attraversato difficoltà importanti ai loro inizi. Mi riferisco in particolare a Franco Morbidelli e a “Pecco” Bagnaia. E niente, adesso ho avuto questa possibilità e sono felice di come siano andate le cose.

 

Nelle prime gare del Motomondiale 2019 sei stato affiancato da Mattia Pasini, Alessandro Polita e Federico Aliverti. Come ti trovi con loro? 

Polita per me è stato un fratellone buono, di quelli che ti danno consigli basati sulla loro esperienza. Pasini, da commentatore, è come il compagno ribelle che però non ne sbaglia una. Aliverti, invece, è l’amico che non lo diresti mai a primo impatto, ma è molto più matto di te! Uno spasso…

 

Puoi fare un pronostico su questa stagione?

I pronostici non li faccio, perché i piloti sono scaramantici! Spero solo che i nostri ragazzi che finora sono stati più veloci possano giocarsi risultati importanti, tipo Dalla Porta e Antonelli in Moto3 e Baldassari e Marini in Moto2. In più, spero che magari Vietti, Foggia, Arbolino, Migno, Fenati, Rossi, Bezzecchi, Bulega, Bastianini, Locatelli, Corsi, Manzi e Di Giannantonio possano togliersi qualche bella soddisfazione, se proprio non fosse possibile, per motivi diversi, lottare per il Mondiale.

 

Quando hai preso la strada del giornalismo, ti aspettavi di arrivare dove sei ora?

Sinceramente non facevo pronostici, però sapevo cosa volevo e mi è andata bene, anche se ci sono state delle difficoltà. Non si ottiene nulla andando “lisci”: nel mio caso ho rinunciato a qualcosa anche di importante e non sempre ne è valsa la pena. Sicuramente se mi si chiedesse se farlo o no, se prendere o no questa strada, credo che lascerei perdere perché “troppo sbattimento”! In ogni caso sono molto contento, anche perché non sarei in grado di fare un lavoro vero, per semicitare qualcuno più brillante di me.

 

Qual è l’aspetto che ti piace di più dell’essere telecronista? E quello che ti piace di meno?

Di più, tutto. La preparazione, lo studio, la ricerca, l’attenzione al dettaglio, l’emozione dell’evento, la diretta dove non si deve sbagliare nulla, la sperimentazione sul linguaggio…Tutto!

Di meno, il fatto che sui social quelli a cui piaci, giustamente, si fanno i fatti loro, mentre quelli a cui non piaci, anziché criticarti civilmente e magari sottolineare quale aspetto li renderebbe più contenti, ti insultano dicendoti qualsiasi cosa con astio ingiustificato, come se avessi fatto loro del male. Mi dispiace perché è una deriva che riguarda un po’ tutto, non solo quello che faccio io, e vedere tutto questo odio mi terrorizza e mi fa riflettere sul fatto che non è questa la mia idea di mondo. Il rispetto viene prima di tutto, perché nessuno conosce le storie personali degli altri. Detto questo, tutto sommato, a chi usa i social così io non bado troppo.

 

Secondo te, quali sono i principi da seguire per una buona telecronaca?

Tecnicamente ce ne sono pure troppi. La base è prepararsi, studiare, dire soltanto cose di cui si è assolutamente sicuri e stare attenti ai dettagli, al tono e alle parole. La parola è importante e va rispettata. Un altro aspetto è quello che i protagonisti sono gli atleti, non i commentatori. Il ruolo del commentatore è quello di raccontare, un po’ come l’arbitro bravo che è quello che influisce meno sullo svolgimento di una partita. Così si diventa parte dell’evento. La gente guarda la gara per vedere le moto o tifare per un pilota, non per ascoltare Triolo. Triolo deve “accompagnare solo”. 

Poi ci sono dei princìpi morali e lì la questione è più complicata. L’obiettivo di un telecronista e di un giornalista in generale è quello di trasmettere qualcosa, nel caso specifico l’emozione di quello che succede, e di farlo nel rispetto di tutti, perché prima che telecronisti si è esseri umani. Attenzione: io non credo all’imparzialità o alla neutralità. La cosa di schierarsi fa parte della natura umana e un giornalista che dice di essere imparziale è un giornalista che mente. Tutti abbiamo delle idee e in un modo o nell’altro, pur cercando di tenerci equidistanti da tutti i punti di vista, le sentiamo dentro. La differenza la fa l’onestà: non si difende la propria idea attaccando le idee degli altri. Quindi la cosa principale è fare tutto con integrità, così da essere apprezzati anche da chi non è d’accordo con te.

 

Quali consigli dai a chi vorrebbe seguire la tua stessa strada?

Come ho detto prima, lo sconsiglio! E poi non mi sento di dare consigli, ma di condividere esperienze. Lo trovo più utile, dare un consiglio di solito è un modo di dire a una persona ciò che tu vorresti che facesse, che non necessariamente è il meglio per lei. Per chi lo volesse davvero, per chi lo sente dentro, posso solo dire che è una strada difficilissima. Il mercato giornalistico ha una domanda decisamente superiore all’offerta e soprattutto, i nuovi media avranno sempre più rilevanza in futuro ed è difficile prevedere fino a quando la struttura mediatica attuale continuerà a funzionare così come ha fatto fino a oggi. La cosa che più ha frenato me, nel tempo, è stata la mancanza di coraggio: se tornassi indietro, chiederei e mi proporrei con più sfrontatezza. Allo stesso tempo, però, ripeterei diverse cose che ho fatto, come dare tutto me stesso senza pensare al valore di ciò a cui ho rinunciato, ma solo a ottenere ciò che desideravo.

Se tornassi indietro sicuramente comincerei presto, così come ho fatto, diventando pubblicista a 19 anni grazie a quel sito sul Messina. Sotto questo aspetto Internet è una risorsa, perché sono nate tante testate online, anche serie, che danno possibilità che i ragazzi altrimenti non avrebbero. Non lavorerei mai più gratis per quelle testate online che invece serie non sono, perché è un modo per uccidere il mercato e per dichiarare sommessamente che il lavoro svolto vale quanto è stato pagato: zero.

Infine, darei molta più attenzione ai social, perché oggi uno dei modi migliori per farsi notare è avere una platea di gente che ti segue, a prescindere dal tuo datore di lavoro. Non è detto che basti per avere la grande chance che ho avuto io grazie a Sky, e poi a Sky Sport MotoGp, però queste accortezze di certo danno più possibilità.