Fabio Menghi si racconta a Palmen in Motorradsport (Parte 1)

Fabio Menghi
Fabio Menghi.

Una carriera da pilota che lo ha portato ad alti livelli in Italia e successivamente anche al campionato del mondo, dove ha corso prima in Supersport dal 2012 al 2015 e infine in Superbike nel 2016, prima di tornare al CIV. E ora, una carriera da team manager con lo storico team di famiglia, fondato anni fa dal padre Valerio e ora tra le realtà più interessanti del Mondiale Supersport col campione italiano Nicholas Spinelli e il giapponese Maiki Abe (figlio del compianto Norifumi).

Fabio Menghi è uno che di corse ne capisce e ne sa, e ne ha anche vissute tante sulla propria pelle. Esperienze importanti, che ora mette al servizio dei piloti del team VFT Racing per aiutarli a crescere e migliorarsi in una realtà di altissimo livello.

Palmen in Motorradsport ha avuto l’onore di intervistare Fabio Menghi durante il round del WorldSSP andato in scena a Most. Un’intervista a 360 gradi, che per la sua lunghezza è stata divisa in due parti: la prima è incentrata sul team e sulla stagione 2023, mentre la seconda (presto online) vedrà al centro Fabio e la sua carriera nel motociclismo.

 

Fabio Menghi VFT Racing
Il team VFT Racing (2023).

 

Fabio, il 2023 vede il tuo team impegnato in Supersport con Nicholas Spinelli e Maiki Abe. Puoi fare un bilancio di come sta andando la stagione, partendo da Spinelli?

Siamo partiti carichissimi con Nicholas dopo il secondo posto in Australia e siamo andati forte anche a Mandalika. Poi, però, il fatto che lui si divida in due campionati, facendo anche la MotoE, e che non avesse mai fatto il mondiale prima di quest’anno lo ha forse destabilizzato un po’, dato che non è una cosa facile da gestire. All’inizio certi risultati venivano facilmente, mentre adesso stiamo un attimo rincorrendo pur restando comunque dentro il secondo di ritardo. Sulle piste già conosciute, poi, siamo stati tranquillamente nelle prime dieci posizioni e a Imola c’era anche il potenziale per giocarsi il podio. Il talento c’è, stiamo lavorando bene e gli stiamo insegnando un metodo di lavoro che non aveva. Da ex-pilota e attuale team manager posso dire che i migliori piloti che ci sono adesso nelle medie cilindrate sono divisi fra i primi 15 della Moto2 e i primi 15 della Supersport. E Nicholas è uno di loro.

 

E cosa racconti invece di Maiki Abe?

Maiki viene da un’esperienza pressappoco nulla di gare. In Giappone lo definiscono un grande talento, ma di fatto sono pochi anni che corre, quindi ritrovarsi catapultato in Europa e in un campionato del mondo senza conoscere le piste, la moto e il team e senza parlare inglese è un grande “shock”. In ogni caso sta migliorando molto, perché è partito prendendo molti secondi e adesso sta sui circa tre secondi di ritardo dal vertice, che è buono se consideriamo che non conosce le piste e che quindi ogni weekend è come un test. Inoltre per lui c’è anche il problema del visto, al punto che dopo ogni gara deve tornare in Giappone. Sfido qualsiasi persona a tornare in Giappone appena finita la gara e poi dal Giappone a tornare in Europa due o tre giorni prima del round successivo, col fuso orario e tutto. Non è mica uno scherzo…

 

Una coppia giovane e assai promettente.

Sono davvero contento di avere nel nostro team questi due ragazzi giovani, con cui si può lavorare bene e affrontare un’importante percorso di crescita. Inoltre, penso che abbiamo conquistato anche la loro fiducia nel farli crescere, che è la cosa più importante. Nicholas, per dire, ha già corso con dei team importanti (come Barni Racing nel CIV Supersport, ndr), ma gli abbiamo fatto capire che noi abbiamo un qualcosa in più che è la nostra umanità e l’essere una famiglia, i cui membri sono con noi ormai da tanti anni. Posso assicurare che per noi i soldi sono l’ultima cosa, mentre ciò che conta di più è la passione unita alla nostra voglia di arrivare. Se c’è da lavorare di notte, si fa la notte e se c’è da cambiare o comprare un pezzo, lo si fa e basta. Diamo sempre il 110% e penso che lui lo abbia capito, infatti lo si vede nei risultati. Un altro aspetto che mi preme sottolineare su di lui è che tra i piloti che corrono anche nella MotoE, lui è quello che fa meno fatica: Granado è perso, Rabat è perso…

 

Nicholas Spinelli
Spinelli in azione a Phillip Island.

 

Quali obiettivi vi siete dati per le ultime gare della stagione?

Con Nicholas l’obiettivo è quello di stare nelle prime dieci posizioni e siamo sicuri di potercela fare, anche se il fatto che salterà Magny-Cours per la concomitanza con la MotoE e gli zeri raccolti finora, tra cui quello per un banalissimo problema tecnico in Gara 2 a Phillip Island e due per cadute, rendono tutto più difficile. Con Maiki invece abbiamo un obiettivo minimo, che è quello di arrivare a un gap dalla vetta di massimo tre secondi sul giro singolo e circa 40 secondi in gara. Sarebbe bello se ci riuscissimo, perché poi le potenzialità e la fiducia comincerebbero a crescere e lì diventerebbe tutto più semplice per lui.

 

Com’è lavorare con Maiki Abe, considerando le differenze in termini di lingua, background e metodo di lavoro?

All’inizio è stato abbastanza difficile. La difficoltà maggiore è rappresentata proprio dalla lingua e dalla mentalità, perché al di là del fatto che non parla inglese bisogna considerare che i giapponesi non riescono a dire “no”, ma solo “sì” o “forse” e questa è una difficoltà aggiuntiva quando bisogna parlare di un problema alla moto o del setup. Abbiamo comunque cercato di rendere tutto più facile creando una tabella con le parole chiave tradotte dal giapponese all’inglese, visto che nel frattempo ha anche studiato un po’ di inglese. La cosa più bella è che lui ha voluto subito eliminare l’interprete, perché si è reso conto che capiva meglio stando con noi rispetto a quando c’era di mezzo l’interprete, visto che nella traduzione si possono perdere elementi come il suono che dovrebbe fare la moto in certe occasioni.

Così come con Nicholas, anche con Maiki siamo riusciti a conquistare la sua fiducia nel farlo crescere, perché ha visto che ogni volta che prende distacchi importanti dai primi lavoriamo anche tutta la notte per capire cosa non va. Sono convinto che considerando la poca esperienza e il background completamente diverso, nessun altro team lo avrebbe aiutato come stiamo facendo noi. Lui, dal canto suo, sta dimostrando di essere un pilota che non si blocca coi tempi, ma migliora ad ogni uscita. Del tipo che se un round della Supersport durasse dieci giorni anziché tre, per dire, lui potrebbe stare tranquillamente coi migliori. Si tratta solo di fare uno step e velocizzare l’apprendimento.

 

Maiki Abe
Abe in azione a Imola.

 

Parlando invece del Mondiale Supersport, cosa pensi della situazione attuale con Yamaha e Kawasaki da una parte e le cosiddette “Next Generation” (Ducati, MV Agusta e Triumph) dall’altra?

Secondo me adesso il campionato è uno dei più belli che ci sono mai stati, perché alla fine le Yamaha sono tutte simili tra loro e questo vale anche per le altre marche. Bisognerebbe ridurre un po’ il gap rispetto alle Next-Gen, però lo spettacolo c’è ed è di alto livello. Bene o male i tempi sono quelli da una vita e se Aegerter li ha fatti con una R6, vuol dire che si possono fare e basta. In sintesi, vince la moto più competitiva col pilota più competitivo e secondo me i primi sette della Supersport sono tutti piloti che possono andare forte anche in Superbike. Questo è uno dei primi anni che succede.

Quelli che invece si lamentano del campionato per il discorso delle moto, sono le stesse persone che devono ritornare a fare i campionati nazionali, perché evidentemente non è il loro lavoro fare il pilota. Questo lo dico perché purtroppo il motociclismo è fatto di sofferenza e chi non è abituato a soffrire e trova le scuse è meglio che stia a casa, detto a chiare lettere.

 

Palmen in Motorradsport ringrazia Fabio Menghi per la grandissima disponibilità e vi dà appuntamento alla seconda parte dell’intervista, che uscirà presto su questo blog.