Marketa Janakova si racconta a Palmen in Motorradsport

Marketa Janakova
Marketa. Credit: FR Performance Motorradtraining.

I primi due decenni degli anni 2000 hanno visto varie donne mettersi in luce nel motociclismo e alcune di esse hanno anche raggiunto l’obiettivo di ogni pilota, ovvero correre nel Motomondiale. Proprio tra queste si colloca Marketa Janakova, che nel biennio 2003/04 ha disputato undici gare nella classe 125cc prima da wild card e poi da pilota “permanent” (con l’italianissimo team Angaia Racing). Successivamente Marketa ha vissuto altre esperienze interessanti, prima di lasciare le competizioni nel 2009.

È con grandissimo piacere che Palmen in Motorradsport pubblica l’intervista fatta a Marketa Janakova, che ha parlato a ruota libera di ricordi, attualità e altro ancora.

 

Innanzitutto come stai, Marketa?

Sto bene. Vivo in Germania da più di dieci anni e attualmente lavoro per una delle principali aziende nel settore delle calzature sportive. Inoltre, sono ancora nel mondo del motociclismo e potete ancora trovarmi in pista, come istruttrice.

 

Fantastico! Puoi dire di più a riguardo?

Anche se non gareggio più, vado molto spesso in moto. Da quando mi sono ritirata faccio da istruttrice a piloti amatori e li aiuto a migliorare. Alcuni di essi sono molto ambiziosi e infatti partecipano a vari campionati. Lavoro per Bike Promotion Europe, che è una delle più importanti agenzie organizzatrici di corsi di guida per amatori in Europa. Mi piace molto, perché uso la mia esperienza per aiutare altre persone. Ma l’esperienza e l’abilità non bastano, perché per fare questo lavoro bisogna anche essere empatici e capire in breve tempo quali sono i limiti del pilota.

Negli anni passati ho affrontato varie sfide. Insegnare quali sono le traiettorie ideali, la migliore posizione in sella e dove bisogna frenare è facile, ma quando il pilota raggiunge il proprio limite o si spaventa per una caduta, le cose si fanno più complicate. Come ho detto, è importante essere bravi, esperti ed empatici. Fidatevi: vedere i piloti felici dopo aver migliorato i propri tempi vale quasi quanto una vittoria.

 

Parlando invece della tua carriera, uno dei punti salienti è stata la partecipazione a varie gare del Mondiale 125cc. Puoi parlare, innanzitutto, del percorso che hai fatto per arrivarci e della prima wild card nel 2003?

Quando ci penso, mi rendo conto di quanto tempo sia passato…Fino al 2001 ho corso con le minimoto in Repubblica Ceca e nel Campionato Europeo. In quest’ultimo, ho gareggiato contro piloti che sono poi diventati famosi, come Dovizioso, Simoncelli, Pasini, Cortese, Lüthi e altri ancora. Come loro, successivamente sono passata alla 125cc e nel 2002 ho esordito nel campionato ceco. Dopo un primo anno di apprendistato, nel 2003 ho avuto una delle migliori stagioni della mia carriera. Ho vinto il titolo nel campionato ceco e in più ho partecipato come wild card al GP di Brno. È stato un weekend bellissimo e se ci ripenso realizzo quanto fosse ancora un gioco, rispetto al prosieguo della mia carriera.

Anche quella wild card mi ha portata ad affrontare sfide. La prima riguardava il permesso per correre: la Federazione Ceca si è rifiutata di darmelo, nonostante fossi prima in campionato, e alla fine ho corso grazie all’intervento della FIM. Successivamente ho dovuto raccogliere il budget sufficiente per una moto competitiva. Ce l’ho fatta, fortunatamente, e ho avuto l’onore di collaborare col Team Freudenberg, vero e proprio punto di riferimento nel Campionato Tedesco IDM (la squadra attualmente corre anche nel Mondiale Supersport 300, ndr). Come terza e ultima sfida, ho avuto tutti gli occhi puntati addosso. Vedere una ragazza nel Mondiale era ancora una rarità e l’attenzione era molto più su di me che sugli altri piloti cechi. Ovviamente, volevo dimostrare a tutti gli scettici che si sbagliavano…

 

Marketa Janakova.
Rio 2004. Credit: Nelson Ricciardi.

 

Nel 2004 sei andata oltre, partecipando a ben dieci gare del Mondiale 125cc. Che ricordi hai di tale esperienza? 

È stato veramente difficile, ma ho comunque tanti bei ricordi. All’inizio ho avuto subito un brutto incidente e ho rimediato diverse fratture a mano e piede destri. Purtroppo sono caduta altre volte nelle gare successive e in un caso, a Donington Park, non ho nemmeno potuto fare la gara. Anche se non ero ancora al 100% della forma, ho dovuto trovare il coraggio per correre anche in queste condizioni, perché la pressione era tanta e sentivo che quella era la mia unica possibilità a quei livelli. Il mio team ha sempre lavorato duramente e mi ha dato un supporto eccezionale. Purtroppo siamo andati in una direzione sbagliata: l’assetto era quello usato da Dani Pedrosa nel 2003, ma di fatto io non avevo niente in comune con lui. Se mi trovassi in quella situazione oggi, deciderei di parlare e di far cambiare il setup in base alle mie esigenze. Aggiungo che in quell’anno sono stati in tanti a trovarsi nella mia stessa situazione…

 

La tua parentesi nel Motomondiale è stata piuttosto breve. Ti sarebbe piaciuto rimanerci più a lungo?

Sì e no. Avrei voluto correrci in condizioni fisiche migliori e avrei voluto farlo senza la pressione che avevo nel 2004, quando dovevo dimostrare a tutti che meritavo di stare lì. Se devo essere sincera, alla fine dell’anno ero esausta sia fisicamente, sia psicologicamente. Dopo undici cadute in una stagione e diverse fratture, ho iniziato a pensare al dolore mentre guidavo e questo non aiuta di certo ad andare veloce. A un certo punto, non mi divertivo più. Fortunatamente sono riuscita a superare quel brutto periodo e nel 2005 sono passata alla 600cc, dove ho ritrovato gli stimoli e il piacere di andare in moto.

 

In quell’anno, infatti, sei passata all’Europeo Superstock 600.

È stata una stagione di apprendistato. Non era così comune passare ai 4 tempi a quell’età (allora Marketa aveva 17 anni, ndr), ma io e mio padre sapevamo già che quello sarebbe stato il mio futuro. Mi sono adattata molto presto. All’inizio correvo con una squadra italiana, ma per motivi finanziari non sono riuscita a chiudere la stagione con loro. In ogni caso, i risultati sono stati molto buoni (vari piazzamenti nella top-20 e un sesto posto in qualifica a Brno, ndr) e ho imparato molto.

 

Dove hai corso dal 2006 al 2009, fino al tuo ritiro?

Alla fine del 2005 ho incontrato Bert Poensgen (padre di Katja, altra ex-pilota dai trascorsi nel Motomondiale, ndr). Allora Bert era a capo di Suzuki Europe e per un po’ ho corso col suo team. Dal 2006 al 2008 ho partecipato al Campionato Tedesco IDM Supersport 600, alla Suzuki GSX-R 750 European Cup, al Campionato Europeo Femminile e ad alcune gare dell’Alpe Adria. La mia ultima gara è stata nel 2009, quando ho corso nel Mondiale Endurance a Oschersleben. La mia carriera si è chiusa nel migliore dei modi, perché abbiamo vinto la gara nella nostra categoria.

 

Marketa Janakova
Marketa in azione nell’IDM (2006). Credit: Luk Coussens.

 

Segui ancora la MotoGP e il Mondiale Superbike?

Non passo molto tempo a informarmi, ma continuo a guardare le gare e ad emozionarmi ogni volta. Mi piace anche analizzare le strategie, l’innovazione tecnologica e gli stili di guida. Rispetto profondamente tutti i piloti che corrono lì, compresi quelli nelle retrovie.

 

Cosa pensi dell’attuale situazione delle donne nel motociclismo? Come favoriresti ulteriormente il loro coinvolgimento in questo sport?

Quando parliamo di motociclismo, parliamo di uno sport individuale e ciò significa che ognuno deve lottare per sé. Non importa se sei uomo o donna, perché quello che conta è dimostrare di essere forti e veloci. Una volta raggiunto tale obiettivo, bisogna essere bravi a rimanere su quei livelli. C’è ancora scetticismo nei confronti delle pilote, ma al giorno d’oggi è diminuito grazie al successo di alcune ragazze come Maria Herrera, Kiara Fontanesi, Shayna Texter, Lucy Glöckner e soprattutto Ana Carrasco. Ormai non ci sono più dubbi: anche le ragazze possono farlo…Secondo me, una volta indossato il casco siamo tutti piloti, a prescindere dal sesso.

Se vuoi vincere ti servono passione, determinazione, talento e altro ancora. Se queste cose mancano, non hai nessuna possibilità. Sfortunatamente, però, oggi non sono sufficienti, perché ora a comandare in questo sport è il denaro. È una situazione difficile e spiacevole, perché questo non dovrebbe mai diventare uno sport solo per ricchi. Personalmente, io cercherei di favorire progetti che consentono ai giovani talenti di correre e crescere spendendo poco, affinché possano dimostrare le loro effettive capacità. Ciò, in automatico, aiuterebbe anche il coinvolgimento delle ragazze. 

 

In conclusione, sei soddisfatta della tua carriera in generale? C’è qualcuno che vuoi ringraziare per quello che hai vissuto?

Sono molto contenta e orgogliosa della mia carriera. Ripenso spesso ai vecchi tempi e quando lo faccio, sono sempre felice di quello che ho vissuto. Devo tutto a mio padre: senza di lui non avrei nemmeno pensato di correre in moto e anche oggi, per me rimane un mistero come sia riuscito a portarmi addirittura fino al Motomondiale. So, però, che avere un figlio pilota era il suo sogno…E per la cronaca, alla fine ha avuto due bambine (ride, ndr). Purtroppo mio padre è morto nel 2007 e probabilmente questo è uno dei motivi principali per cui ho iniziato a pensare al ritiro. Sono veramente grato a lui e a tutta la mia famiglia, perché ho realizzato un sogno.

 

Palmen in Motorradsport ringrazia Marketa Janakova per la sua gentilezza e le augura il meglio per qualsiasi cosa.