Quando si incontra un pilota come Leandro Mercado, si ha davanti a sé un pilota che ha ancora 32 anni, ma ha già vissuto esperienze importanti. Approdo in Europa quando aveva appena 18 anni, un titolo nella Superstock 1000 FIM Cup nel 2014, tanti anni del Mondiale Superbike e poi l’attuale parentesi nel Mondiale Endurance, dove corre dal 2023 e fa parte del team Honda Viltaïs Racing. Inoltre, il pilota argentino corre anche nell’IDM Superbike e nel 2024 è tornato una tantum al mondiale di categoria, dato che il team Petronas MIE Honda Racing lo ha chiamato a sostituire l’infortunato Tarran Mackenzie a Most (19-21 luglio).
Tante cose di cui parlare (anche a livello più personale) sulle quali “Tati” Mercado si è raccontato in un’intervista concessa a Palmen in Motorradsport.
“Tati”, siamo qui a parlare della tua stagione 2024, che è divisa su più fronti tra Endurance e IDM e anche una comparsata nel Mondiale Superbike. Partendo intanto dall’EWC, com’è andata la stagione?
L’anno scorso sono passato all’endurance e quest’anno l’obiettivo era ovviamente lottare per le prime posizioni, anche perché il team ha fatto un grandissimo step a livello tecnico con la moto. Abbiamo fatto dei test invernali molto buoni, andavamo molto forte e a Le Mans stavamo facendo una bella gara dove potevamo giocarci il podio e anche qualcosa in più. Purtroppo abbiamo avuto un problema tecnico all’inizio della gara, dopo il secondo stint, e per quello ci siamo dovuti fermare. Questo ha cambiato i piani, perché abbiamo fatto zero punti in un campionato con poche gare. Anche se a Spa siamo tornati abbastanza competitivi finendo la gara in quarta posizione, dopo un inizio così complicato siamo usciti dalla lotta per il campionato e non giocandoci niente di importante, abbiamo deciso di saltare la 8 Ore di Suzuka e questo mi ha permesso di tornare al Mondiale Superbike per il round di Most.
Che differenze hai trovato tra la Honda del team Petronas MIE in Superbike e quella che usi nell’EWC?
Le moto sono abbastanza diverse. Nel Mondiale Superbike hai più potenza e cambio, elettronica e sospensioni sono differenti, quindi il feeling con la moto cambia abbastanza. Anche se sono entrambe Honda del 2024, quella del Mondiale Superbike è un po’ diversa e ha anche più cavalli, mentre in una gara di lunga durata si tende ad avere un motore più “calmo” per evitare rotture, visto che deve durare 8 o anche 24 ore. E’ facile dirlo, ma sono gare estreme a livello fisico per noi, per i meccanici e anche per la moto, perché per 24 ore bisogna sempre spingere e portare ogni componente al limite. È quindi molto importante concentrarsi anche sulla resistenza e affidabilità.
Com’è stato il passaggio all’Endurance?
L’anno scorso per me è stato tutto nuovo. Ho imparato tantissime cose e sono stato sorpreso da quanto si vada forte in ogni condizione, anche di notte. Di fatto, durante le prove libere della 24 Ore di Le Mans nel 2023, ho girato per la prima volta di notte senza l’illuminazione tipo Qatar. In generale, nell’EWC ho imparato tante cose e anche ad adattarmi a condizioni sempre diverse e a una moto che cambia continuamente in base alla temperatura e al consumo. E poi diventa una gara contro te stesso, perché a un certo punto sei veramente stanco e con poco riposo. Insomma, il passaggio all’endurance mi ha consentito di imparare e crescere molto. Inoltre ho capito che sì, si dice che nell’endurance ci si debba concentrare sul passo ed essere costante…ma ora non è più così! Si spinge forte, tanto che a volte sembra di fare gare normali di ben 24 ore e si fanno bei tempi anche di notte.
E com’è stato per te girare per la prima volta veramente in notturna, senza l’illuminazione a giorno che si vede per esempio in Qatar?
Bello, molto bello. In Qatar comunque si vede bene, mentre a Le Mans si vede discretamente, ma la pista non è ben illuminata e quindi devi adattare la tua vista e trovare da te i riferimenti per le frenate e le traiettorie. È stato però ancora più difficile a Spa, perché non avevo esperienza e di notte si vede di meno rispetto a Le Mans, anche se fare l’Eau Rouge di notte è bellissimo e mi piace anche l’ultimo settore, in cui sei in quinta o sesta marcia in pieno. Comunque mi sono adattato abbastanza velocemente, perché alla fine sono stato sempre veloce e l’anno scorso il team mi ha fatto i complimenti per come mi sono abituato in fretta alla disciplina.
E com’è andata quest’anno nell’IDM col team Kawasaki Weber Racing?
Quest’anno il livello si è alzato molto e ci sono tante BMW che sono veramente veloci. Con la Kawasaki invece si fa più fatica: nel 2023 ho fatto dei podi ed ero davanti, ma quest’anno abbiamo dovuto sviluppare una nuova elettronica e quindi le prime gare sono state un po’ toste. In varie gare siamo stati lì in top 5, ma altre sono state ben più difficili e certamente non ha aiutato il fatto che ci siano state solo due Kawasaki in pista contro tante BMW e altre moto (l’unica altra Ninja era quella di Martin Vugrinec e il team Skach Motor, ndr).. Abbiamo comunque dato il massimo.
Da pilota che ha già corso in tanti campionati importanti, per il futuro ti vedi ancora nell’endurance o ti piacerebbe tornare a tempo pieno nel mondiale Superbike?
Ora ho 32 anni, non sono né giovane né vecchio, e dopo tanti anni in Superbike e le esperienze che ho vissuto ho l’esperienza e maturità giusta. Ovviamente mi piacerebbe tornare in Superbike se capitasse una bella opportunità, ma ora è difficile. Ad oggi il mio obiettivo è essere competitivo ovunque corra, anche nelle serie come l’endurance e l’IDM. Tra l’altro l’IDM ha un livello veramente alto per essere un campionato nazionale. Comunque per me l’importante è correre in un campionato di buon livello e avere un progetto competitivo.
Parlando invece di te, sei un pilota argentino ma vivi in Italia da ormai tanti anni.
Sì, ormai sono imolese (ride). Comunque una volta all’anno, per le feste, torno in Argentina per stare con la famiglia.
E ci sono state novità importanti, visto che quest’anno sei diventato padre del piccolo Oliver.
Sì, ed è bellissimo, anche se per un po’ è stato difficile conciliare l’impegno da pilota con le varie cose da sistemare. Poi per noi è stato più complicato, perché siamo da soli in Italia e non possiamo contare sulle nostre famiglie. Ovviamente abbiamo degli amici, però non possono aiutarci come potrebbe aiutare una famiglia e quindi dobbiamo spesso fare tutto da soli.
Parlando invece della tua carriera fino ad oggi, ti va di parlare della tua esperienza nel Mondiale Superbike?
Prima di tutto faccio una premessa. Facevo la Red Bull MotoGP Rookies Cup americana, tra l’altro contro Hayden Gillim (Campione MotoAmerica Stock 1000 e compagno di squadra di “Tati” a Most, ndr), e poi Kawasaki USA mi ha chiamato a fare l’AMA Supersport. Dopo tale esperienza sono poi approdato al CIV con Kawasaki Argentina, quindi sono arrivato in Italia quando avevo 18 anni e già da giovane mi sono trovato a vivere dall’altra parte del mondo da solo. Questo mi ha portato anche degli svantaggi, poiché non conoscevo nessuno e non avevo un manager o comunque una persona che mi seguisse e conoscesse un po’ questo mondo, come per esempio Toprak Razgatlioglu ha al suo fianco Kenan Sofuoglu.
Questo si è visto quando dopo un solo anno nella Superstock 1000 FIM Cup, sono salito al Mondiale Superbike nel 2012 (col Team Pedercini, ndr) a neanche vent’anni. Quello è stato un errore, al punto che poi sono tornato in Superstock 1000 e lì ho vinto il titolo nel 2014. Nel 2015 sono salito in Superbike insieme al Barni Racing Team e la stagione è andata abbastanza bene, ma poi è arrivato Xavi Forés e quindi nel 2016 sono tornato in Superstock 1000, dove mi sono giocato il titolo (con Raffaele De Rosa, ndr) fino al problema tecnico che mi ha estromesso dalla gara decisiva a Jerez. Gli anni successivi in Superbike sono andati con alti e bassi: nel 2017 ho fatto belle gare con l’Aprilia team IodaRacing, ma non c’erano soldi; nel 2018 e 2019 ho corso con Orelac Racing e la Kawasaki e ho avuto due anni difficili; nel 2020 sono stato pilota del team Motocorsa nel loro primo anno di mondiale, ma è stato un anno difficile e con anche due infortuni. Nel 2021 sono passato alla Honda del team MIE e purtroppo ho faticato per via del pacchetto poco competitivo e anche dell’assenza di budget, anche se qualche buon risultato verso la fine del 2021 è arrivato. Nel 2022, infine, ho corso ancora con MIE, ma ci sono stati tanti cambiamenti nel team e questo ha reso tutto ancora più difficile, fino alla decisione di cambiare aria a fine anno.
Riguardo la tua carriera da pilota, c’è un’esperienza o un campionato che non hai ancora provato, ma ti piacerebbe ancora affrontare prima di poter dire basta?
Non sono il pilota che punta a correre in questo o quel campionato per vivere una nuova esperienza, ma posso dire che mi piace girare in moto al punto che mi alleno anche con la motocross, il supermotard e il flat track, tutte moto che preparo personalmente nel mio garage. Anzi, nel weekend del Mondiale Superbike a Most ero stato invitato a fare una tappa del Mondiale di Flat Track a Boves, vicino Cuneo, ma poi il team MIE mi ha chiamato e quindi non se n’è fatto nulla. Comunque sono un appassionato a tutto tondo.
In conclusione, cos’è che ti ha spinto sempre ad andare avanti e a restare comunque motivato nonostante tutte le difficoltà?
Qualcosa che viene a dentro. Amo le gare, amo la moto e amo il motociclismo. Tante volte ho pensato di mollare, soprattutto nel 2022, però alla fine ho sempre trovato e continuo a trovare la motivazione. Penso che aver cambiato aria e campionato dopo il 2022 mi abbia aiutato, perché mi sono confrontato con altre persone e altre realtà e ho potuto imparare altre cose nuove. Ce la metto tutta e spero di poter fare bene ancora in futuro.
Palmen in Motorradsport ringrazia sentitamente Leandro “Tati” Mercado per la disponibilità e gli augura il meglio per le prossime stagioni.